Riconosci l'Arte senza studiarla.

Uncategorized Jan 24, 2020

C'è un dibattito sempre aperto, che periodicamente sale all'attualità sui media anche per il grande pubblico, su cosa si può considerare Arte e cosa no.

La questione è tutt'altro che marginale. che Saper dire con sicurezza se qualcosa è arte o no è utile a tutti, molto più di quanto appaia a prima vista.

Vediamo quindi un caso concreto, per capirne di più.

Qualche tempo fa una installazione pubblica dell’artista ghanese Ibrahim Mahama, impacchettò i caselli del dazio di Porta Venezia a Milano.

L'opera, dal titolo “A Friend” fu realizzata con una cortina di sacchi di juta usati per le spedizioni di merce.

E ci offre l'occasione di farci domande utili a tutti perché, come spesso ripeto, chi capisce l'arte, capisce il mondo, e non viceversa.

Ma prima una premessa: personalmente non amo le installazioni glamour.

Non amo neppure il maggior esponente mondiale delle installazioni che “coprono” l’esistente, ossia l’artista bulgaro Christo.

Preferisco le manifestazioni “eroico-simboliche” dell’arte.

Un esempio delle quali è il David di Michelangelo, che di fatto a suo tempo fu una installazione pubblica che provocò grande scalpore.

Ma prediligo, alla dimensione pubblica e “gridata” per un tempo breve ed effimero, quella privata, intimista e “sussurrata”.

Dove l’opera, a piccole dosi quotidiane, svolge la sua onorevole e fondamentale funzione creativa sui nostri animi.

Tornando al tema, all'epoca si è detto di tutto riguardo all’opera in questione.

  • “fa schifo”
  • “è brutta”
  • “è offensiva”
  • “non è arte”

Ora, a distanza di tempo, è bene fare alcune distinzioni “chirurgiche”, per trarre un insegnamento da ciò che accadde.

1) L’opera non fa schifo, nel senso che l’intenzione da cui nasce è fuori da logiche ciniche di tipo trash/splatter/sex/ecc… In sostanza esaminandola tecnicamente ha una sua dignità, persino ingegneristica e cromatica.

2) Si, è brutta e, in senso intellettualistico, vuole esserlo. Copre infatti la sottostante architettura neoclassica dell’architetto bresciano Rodolfo Vantini.

Ormai così “classica” per i nostri occhi di italiani abituati all’arte da risultare “invisibile” alla percezione fino al momento in cui non viene “oscurata”.

Intende criticare un simbolo del mercato storico come il casello del dazio, dove le merci in entrata in città dovevano pagare una “tassa” che ostacolava il libero scambio.

Per questo motivo a sostenere l’opera sui media sono quelle forze che promuovono il modello economico di globalismo ultraliberista.

3) Non è una opera offensiva, semmai è espressione di una fase di ripiegamento del pensiero critico in cui non appare all’orizzonte la possibilità di un atto estetico “eroico” come quello prima citato del David di Michelangelo.

Perchè in questa epoca, c'è forse un ideale chiaro a tutti verso il quale slanciarci con piglio eroico?

Abbiamo un fine individuale, un progetto personale e collettivo verso cui focalizzare i nostri sforzi? No.

La massa è stata confusa, in modo sottile e profondo.

Ogni individuo vive alla giornata, scarico, deluso, cercando di difendersi senza ormai troppa convinzione da ingiustizie, tasse, degrado, brutture, povertà, meschinità e ignoranza.

In questa fase, anche l’arte vaga tra le secche degli intellettualismi, delle conflittualità, dei neo manierismi.

4) Si, l'opera in questione è Arte.

Certo non emoziona facendo palpitare il cuore di inattesa meraviglia.

Semmai incuriosisce, o infastidisce.

Fa discutere, e ahimè alla fine fa pensare poco al tema che tratta, ossia il globalismo e le sue conseguenze sulla struttura finanziaria e sociale del mondo in cui viviamo.

Pensare è impegnativo, per pensare occorre avere dati attendibili per elaborare il tema, e non basarsi su quanto i media sempre meno credibili ci spacciano giornalmente.

Comunque in qualche modo l’opera è arte, non è una semplice boutade.

Non è neppure “hamparte” il neologismo spagnolo che indica opere idiote, banali e truffaldine, create da artisti privi di talento.

Certo, l'artista in questione non brilla per varietà, un rapido giro su google e te ne  puoi rendere conto. Per di più il materiale con cui vengono realizzate le coperture che impacchettano gli edifici viene riciclato, ossia si usa per una installazione temporanea, che poi viene smontata e in seguito si riusa adattandone le dimensioni ad un altro edificio. Questo produce una certa uniformità di esiti che può stancare, ma sorvoliamo e prendiamone la parte buona.

Quindi, anziché azzuffarci per 5 minuti e poi dimenticarci tutto, facciamo assieme un atto eroico, per una volta, e pensiamo.

Io e te che leggi.

Pensiamo al tema che l’opera solleva.

Così sarà contento anche Mahama, l’artista autore dell’opera e il suo sponsor Fondazione Trussardi, di quello stilista tragicamente scomparso che si autodefiniva più finanziere che esteta.

Pensiamo al globalismo mercantilistico che ora è il modello economico maggiormente propagandato.

Ti dò subito un indizio, dal momento che è più di un decennio che mi occupo dell’argomento, per mio interesse personale, da artista che indaga per comprendere la società in cui sta vivendo.

Questo tipo di globalismo sta conducendo il modello di business all'autodistruzione, portando con sé la collettività a cui viene imposto.

Fantozzi lo definirebbe tecnicamente “una cagata pazzesca”.

È una soluzione gestionale di comodo che ha come effetto divaricare ancor più la forbice tra ricchi e poveri e abbassare la qualità generale di ogni cosa.

Se TV e giornali ne vantano i pregi, è solo perché sono a libro paga. Tutti.

Giornalisti, direttori di giornali, personaggi pubblici, gente dello spettacolo, politici, accademici. Spacciano questo globalismo scadente e cialtrone come unica possibilità inevitabile.

Ora, Due dritte per aggiornare il tuo database e cominciare ad elaborare una fase eroica.

Siamo nell’epoca storica in cui possiamo produrre tecnicamente ogni cosa con la massima qualità e ai costi migliori. Si può fare. Ma non lo si fa perché non conviene ai pochi che decidono.

Siamo nell’epoca storica in cui abbiamo tecnicamente superato il problema del denaro, nel senso che si possono produrre e veicolare globalmente mezzi di scambio a costi prossimi allo zero. Si può fare. Ma non lo si fa perché non conviene ai pochi che decidono..

Siamo nell'epoca storica in cui 

 

Close

50% Complete

Due passi

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore magna aliqua.