Primi anni 90, una mostra dal titolo "Manimals" del fotografo di origine cinese Daniel Lee, grazie al linguaggio dell'elaborazione digitale ci mette davanti agli occhi immagini scioccanti, che ottengono una vasta eco sul web, allora ai primi passi della sua maturità.
Tra le immagini piú significative, quelle che mostrano un verosimile aspetto degli esseri umani in differenti fasi di sviluppo della propria coscienza, da uno stadio animale originario fino allo stadio attuale e quindi a quello molto più evoluto di un futuro prossimo.
A colpire è soprattutto la mutazione dello sguardo, da quello elementare, selvatico, diffidente e istintivo dei primi ominidi, fino a quello estremamente consapevole e distante dell'umano futuro.
In cui la fronte è molto più ampia di quella attuale che ci contraddistingue, e l'espressione dello sguardo meno istintiva e più profondamente consapevole della propria identità e ruolo nel Creato.
La riflessione che mi ha stimolato questo progetto fotografico molto suggestivo è che ogni volta che viene raffigurato un essere umano, non solo ne viene ritratta l'identità e i dettagli sociali, persino di cronaca che lo riguardano, ma più universalmente il fatto che è un individuo di una specie vivente e una manifestazione del Creato.
Intendo dire che nel momento in cui, ad esempio, ritraiamo noi stessi, non stiamo solamente ritraendo Mario Rossi nato a Milano il 7 aprile del 1996, ma anche un rappresentante della specie Homo, che popola il pianeta Terra da millenni.
Con questo atteggiamento anche il più piccolo gesto quotidiano può venir visto in un quadro universale, così come gli compete, dal punto di vista artistico.
E all'esistenza di ciascuno di noi viene riconosciuto il valore che merita.
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